mercoledì 3 settembre 2014

LA VIGNETTA PER IL LIBRO "ARIDATECE ER...CONTE" DELL'ARETINO GIFFONESE


Sabino Rinaldi, l' Aretino Giffonese, è seduto davanti al Bar Coppola. Mi vede e fa: “Amabile, proprio te cercavo” e mi dice che per il suo libro, già in tipografia, vorrebbe pubblicare una mia vignetta in copertina. Rinaldi -com’è ben noto- è il grande pettegolone di Giffoni Valle Piana. Sa tutto di tutti ed è abbastanza popolare per le sue apparizioni pettegole-comiche su qualche telelocale e per i “comizi” a “Piazza Puttanova” dei quali non era difficile indovinare la committenza.
Mi spiega, che molti gratificati fedelissimi di Conte, sentendosi “naufraghi”, ora (siamo a maggio  1996)  rimpiangono l’ex ministro delle Aree Urbane. C’è chi ha cercato di salvarsi approdando a Forza Italia, chi ha gridato “help” addirittura a Veltroni, quello che nel 2008 avrebbe fatto suo lo slogan di Obama: “Yes, we can”.
Con infinita descrizione di pettegolezzi alla Elsa Maxwell, Aridatece er Conte appare come una mascherata apologia dell’onorevole Carmelo, arrivato pur sempre ministro dopo essere partito dal paesello Piaggine.


Ecco appunto gl’inizi di Conte nel burlesco stile di don Sabino: “Di umili origini, figlio di un agiato pecoraio di Piaggine (gli agiografi sostengono che avesse 1500 pecore, ma Antonio Palmieri, conterraneo, ne contava poco più di 200), studi in un primo momento come seminarista nel Convento dei Cappuccini di Giffoni, dopo la maturità classica si iscrisse a legge.
Laurea conseguita con 110 senza lode, ospite del Collegio Universitario Miranda assieme al giudice Alessandrini poi fatto oggetto di un attentato mortale da parte delle brigate rosse, a Giulio Tarro l’allievo prediletto di Sabin, al Prof. Panebianco Preside della Facoltà di Giurisprudenza e al primario chirurgo Prof. Giannino Martino da Giffoni.
Grossa occasione  fu per lui il matrimonio con la figlia del costruttore Ciao di Eboli, poi ammazzato per una piccante di gelosia, che lo introdusse in ambienti che altrimenti gli avrebbero fatto ostracismo. 
Gli inizi come avvocato furono molto stentati (cominciò ad acclimatarsi con le faccende legali nel sindacato del comparto agricolo Uil e nello studio Scocozza).  All’epoca lo si intravedeva nel ristorante Il Bersagliere condotto da don Vincenzo Sada (locale pure  frequentato da Lelio Schiavone, il poeta Gatto, il professore Vittorio Gallo) in compagnia dell’avvocato Riccardo Scocozza, del quale non portò mai la borsa perchè il decano degli avvocati ebolitani dai suoi quaranta e passa aspiranti procuratori non ha mai preteso questo gesto.
Nel ’68, osteggiato duramente da Fulvio Scocozza e da Mario Vignola che gli negarono la candidatura nel PSI, si presentò nella corsa per la consiliatura nel comune di Eboli con una lista civica dal nome roboante,Forze Libere, con a simbolo i cinque cerchi delle Olimpiadi.
In quel periodo, accompagnato da un cugino, Pietro Vertullo, che sarà poi vice-sindaco di De Luca ed assessore alle finanze del Comune di Salerno, si recò dall’Onorevole Lettieri, la cui segreteria politica retta da Carlo Apolito, era allocata in Salerno alla via San Giovanni Bosco, per offrire i suoi servigi politici.
Ma nel clan Lettieri già scalpitava Gelsomino Pantuliano e due galli nel pollaio non avrebbero potuto convivere. Nel ’70, a sorpresa, manovrando abilmente, sindaco di Eboli. Tale carica, gli fu da viatico, per il conseguimento della nomina, per la verità alquanto rocambolesca, a segretario provinciale del PSI nel 1973 , sponsorizzato da Enrico Quaranta, sostituendo l’ottimo demartiniano Iovino di Angri, sostenuto da Feliciano Granati, Giovanni Fenio e Antonio Moscariello (...) Una nota di colore: un membro della direzione provinciale, tale Attilio Manna da Mercato San Severino, fu tenuto chiuso nel cesso della Federazione al di là dei tempi necessari per i suoi bisogni e tale momentanea assenza fu decisiva per l’elezione di Conte. (...)


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