Sabino Rinaldi, l' Aretino Giffonese, è
seduto davanti al Bar Coppola. Mi vede e fa: “Amabile, proprio te cercavo” e
mi dice che per il suo libro, già in tipografia, vorrebbe pubblicare una mia
vignetta in copertina. Rinaldi -com’è ben noto- è il grande pettegolone di
Giffoni Valle Piana. Sa tutto di tutti ed è abbastanza popolare per le sue
apparizioni pettegole-comiche su qualche telelocale e per i “comizi” a “Piazza
Puttanova” dei quali non era difficile indovinare la committenza.
Mi spiega, che molti gratificati fedelissimi
di Conte, sentendosi “naufraghi”, ora (siamo a maggio 1996) rimpiangono l’ex ministro delle Aree Urbane.
C’è chi ha cercato di salvarsi approdando a Forza Italia, chi ha gridato “help”
addirittura a Veltroni, quello che nel 2008 avrebbe fatto suo lo slogan di
Obama: “Yes, we can”.
Con infinita
descrizione di pettegolezzi alla Elsa Maxwell, Aridatece er Conte appare come una mascherata apologia
dell’onorevole Carmelo, arrivato pur sempre ministro dopo essere partito dal
paesello Piaggine.
Ecco appunto gl’inizi di Conte nel burlesco stile di don
Sabino: “Di umili origini, figlio di un agiato pecoraio di Piaggine (gli
agiografi sostengono che avesse 1500 pecore, ma Antonio Palmieri, conterraneo,
ne contava poco più di 200), studi in un primo momento come seminarista nel
Convento dei Cappuccini di Giffoni, dopo la maturità classica si iscrisse a
legge.
Laurea conseguita con
110 senza lode, ospite del Collegio Universitario Miranda assieme al giudice
Alessandrini poi fatto oggetto di un attentato mortale da parte delle brigate
rosse, a Giulio Tarro l’allievo prediletto di Sabin, al Prof. Panebianco
Preside della Facoltà di Giurisprudenza e al primario chirurgo Prof. Giannino
Martino da Giffoni.
Grossa occasione fu per lui il matrimonio con la figlia del
costruttore Ciao di Eboli, poi ammazzato per una piccante di gelosia, che lo
introdusse in ambienti che altrimenti gli avrebbero fatto ostracismo.
Gli inizi come
avvocato furono molto stentati (cominciò ad acclimatarsi con le faccende legali
nel sindacato del comparto agricolo Uil e nello studio Scocozza). All’epoca lo si intravedeva nel ristorante Il Bersagliere condotto da don Vincenzo
Sada (locale pure frequentato da Lelio
Schiavone, il poeta Gatto, il professore Vittorio Gallo) in compagnia
dell’avvocato Riccardo Scocozza, del quale non portò mai la borsa perchè il
decano degli avvocati ebolitani dai suoi quaranta e passa aspiranti procuratori
non ha mai preteso questo gesto.
Nel ’68, osteggiato
duramente da Fulvio Scocozza e da Mario Vignola che gli negarono la candidatura
nel PSI, si presentò nella corsa per la consiliatura nel comune di Eboli con
una lista civica dal nome roboante,Forze Libere, con a simbolo i cinque cerchi
delle Olimpiadi.
In quel periodo,
accompagnato da un cugino, Pietro Vertullo, che sarà poi vice-sindaco di De
Luca ed assessore alle finanze del Comune di Salerno, si recò dall’Onorevole
Lettieri, la cui segreteria politica retta da Carlo Apolito, era allocata in
Salerno alla via San Giovanni Bosco, per offrire i suoi servigi politici.
Ma nel clan Lettieri
già scalpitava Gelsomino Pantuliano e due galli nel pollaio non avrebbero
potuto convivere. Nel ’70, a sorpresa, manovrando abilmente, sindaco di Eboli.
Tale carica, gli fu da viatico, per il conseguimento della nomina, per la
verità alquanto rocambolesca, a segretario provinciale del PSI nel 1973 ,
sponsorizzato da Enrico Quaranta, sostituendo l’ottimo demartiniano Iovino di
Angri, sostenuto da Feliciano Granati, Giovanni Fenio e Antonio Moscariello
(...) Una nota di colore: un membro della direzione provinciale, tale
Attilio Manna da Mercato San Severino, fu tenuto chiuso nel cesso della
Federazione al di là dei tempi necessari per i suoi bisogni e tale momentanea
assenza fu decisiva per l’elezione di Conte. (...)